mercoledì 12 febbraio 2014

I SUINI D'INGRASSO

Diffusione - sistematica – origini – domesticazione 
I suini nel mondo sono circa 900 milioni, allevati in tutte le latitudini e longitudini, l’area di diffusione è paragonabile a quella dei bovini, infatti, va dai Paesi a clima torrido a quelli a clima rigido, solo i popoli di religione Ebraica e Musulmana ne trascurano l’allevamento. In Italia ci sono circa 8.653.000 suini (Istat 2000) distribuiti come nella tavola sottostante(consistenze più significative).
Distribuzione suini in Italia 
Il suino, dal punto di vista zoologico, appartiene all’Ordine degli Ungulati, Sottordine Artiodattili, Famiglia Suidae, Gruppo Monogastrici, Genere Sus, Specie scrofa domestica. Per quanto riguarda l’origine sembra che l’attuale suino derivi dal cinghiale europeo Sus scrofa ferus  per successivi incroci col cinghiale indiano Sus scrofa indicus -Sus scrofa vittatus; l’addomesticazione, con molta probabilità, si ebbe circa 4.500 anni  a.C. in Mesopotamia.

Tipi costituzionali I suini attualmente allevati possono essere ascritti a tre tipi costituzionali così definiti:
- 1) Lard Type: trattasi di razze suine di grande sviluppo scheletrico e muscolare, allevati nell’Europa orientale, con spessore del lardo alle spalle di circa 12 cm e nella regione dei lombi di ben 15 cm di spessore.
- 2) Bacon Type: animali corposi che non superano gli 80 kg, allevati per la produzione di bacon, lunghezza del corpo che non supera il metro, buoni per lo sviluppo delle masse muscolari a discapito del lardo di copertura, buono per il consumo diretto ma anche per la produzione di insaccati.
- 3) Pork Type:  grossi animali allevati per la produzione di salumi e di grasso.
In base al profilo facciale le razze possono essere suddivise in tre gruppi:
- 1) profilo facciale  rettilineo: presentano testa lunga, conica, orecchie orizzontali portate in avanti, mole ridotta, buoni pascolatori, danno carne magra.
- 2) profilo facciale sub concavo: hanno faccia allungata con orecchie lunghe, tronco lungo, soggetti di grande mole, allevati per la carne e il grasso.
- 3) profilo facciale ultra concavo:  presentano faccia corta, orecchie portate in avanti ed in alto, tronco lungo, alto e largo, arti brevi, sono ascritte le razze di maggiore importanza allevate per la carne e il grasso.

Suini di 15 giorni di vita sotto la lampada a raggi infrarossi
Tecnica di allevamento dei suiniIl peso dei suini alla nascita oscilla dai 700-800 ai 1.200-1.500 gr, la durata dell’allattamento è di circa 30 giorni per i suini da ingrasso e di 60-90 giorni per quelli destinati alla rimonta.  I suini incominciano a mangiare già a partire dalla 2a-3a settimana di vita in quanto il latte materno non è sufficiente a coprire il fabbisogno della nidiata, pertanto alla poppata si aggiungono mangimi appetibili e digeribili i cosiddetti alimentiprestarter di alto valore nutritivo e biologico a base di farine di latte, farine di pesce, siero di latte, carrube, destrosio, oli di cocco, di palma, amminoacidi essenziali (lisina,metioninatriptofano), sali minerali, rame, zinco, calcio; per aumentare la digeribilità gli alimenti vengono pretrattati termicamente. Il mangime va somministrato ad libitum, nella dose di circa 250-300 gr capo/dì,  il consumo di mangime per le prime tre settimane è di 2.0-2.5 kg per suinetto. E’ buona norma in questa fase, per prevenire eventuali  sindromi enteriche e respiratorie, somministrare agli animali miscele prestarter medicate previa autorizzazione del veterinario. Per prevenire l’anemia ferrica,  essendo il latte di scrofa povero di questo elemento, essenziale per la formazione dell’emoglobina, si inietta o si aggiunge alla razione  il ferrodestrano. Al peso di circa 10–12 kg, come viene operato nell’azienda della sig.ra Grasso Rosanna, sita in Pietradefusi (AV), si passa alla somministrazione di miscele starter fino al raggiungimento del PV 25–35 kg, successivamente i suini vengono alimentati con prodotti aziendali a base di  orzo 50% crusca di frumento tenero 20%,  mais 10-15 %, farina di estrazione di soia 15- 20 %  e fave. Operazioni importanti sono: vaccinazioni, taglio della coda e asportazione dei denti.
La pubertà tanto nei maschi che nelle femmine viene raggiunta intorno ai 6-7 mesi, l’accoppiamento lo si fa avvenire, in entrambi i casi, verso l’anno di età, oppure quando i soggetti hanno raggiunto il peso di 110–120 kg.
Le scrofe manifestano i calori ogni 21 giorni, la durata del calore mediamente è di 2–3 giorni, per indurre le scrofe all’estro si consiglia di far passare tra le poste delle femmine il verro. La scrofa in calore manifesta  il riflesso di mobilità, se cavalcata dall’uomo si blocca puntando le zampe.
Dall’inizio della manifestazione estrale è bene  fecondare  la scrofa a distanza di  24–36 ore dall’inizio dei segni, momento   migliore per l’ovulazione.  La gestazione dura 3 mesi, 3 settimane e 3 giorni, ossia 114 giorni, la scrofa entra in calore dopo 5–7 giorni dallo svezzamento, è consigliabile comunque fecondarla al secondo calore cioè a  circa 60 giorni dal parto.

Dott. Di Giulio con vagina artificiale (Azienda Frattolillo – Montecalvo Irpino AV - Alunni dell’’ITAS “F. De Sanctis“ di Avellino)
La monta può avvenire in libertà, per gli allevamenti bradi o semibradi, oppure alla mano, quando l’accoppiamento è guidato dall’allevatore; oggi, sempre più spesso, anche per questa specie si ricorre all’inseminazione  strumentale.

Scrofette in attesa dell’inseminazione
(Azienda Frattolillo – Montecalvo Irpino Avellino)

Verri ibridi
La durata economica della scrofa negli allevamenti razionalmente condotti  è limitata  al 5°–7° parto, che corrisponde  all’incirca  ai 3–3,5 anni di età, facendo compiere all’animale circa 2,5 parti all’anno, con una distanza tra il parto ed il concepimento di 45–60 giorni. Pratica alquanto diffusa è la castrazione condotta su soggetti non idonei per la riproduzione o quelli prodotti per l’ingrasso, la castrazione la si deve praticare su soggetti di circa 50 giorni di età, ormai limitata soltanto ai maschi e consiste nell’asportazione delle gonadi, l’operazione è importante per evitare che le carni manifestino il sapore tipico degli adulti.
Alimentazione nella fase di crescita e di ingrassoI suini vengono allevati per la produzione della carne, la cui composizione è quella riportata in  tabella:
 Componenti % - mg – kcal
 Acqua 70
 Lipidi 25
 Proteine 1,8-2,8
 Magnesio 17-25 mg
 Ferro 0.9 mg
 Colesterolo 80-105 mg
 kcal 319
Le categorie commerciali sono il suino magro per il consumo diretto macellato al peso di 100-110 kg all’età di 5-7 mesi  e il suino pesante macellato ad un peso di 150-160 kg ad un anno di età per insaccati e prosciutti. In questa specie l’Ipg è di 500-600 gr; per incrementare di 1 kg il peso vivo occorrono mediamente 3 kg di mangimi; buone sono le farine di pesce arricchite con amminoacidi essenziali quali lisinametionina e triptofano.
Il suino magro o leggero è un soggetto avente una elevata capacità somatica ed una carcassa magra anche a pesi attorno al quintale. Per la produzione del suino magro generalmente non si utilizzano le razze pure ma gli ibridi, proprio per sfruttare l’eterosi o vigore ibrido, il suino magro non è da confondersi con un suino di tipo genetico pesante macellato precocemente. Per avere un buon prodotto finale è necessario curare il microambiente di allevamento (luce, temperatura, umidità  e alimentazione). La razione deve essere equilibrata tanto da ottenere il giusto quantitativo di carne e grasso e distribuita ad libitum. Nell’alimentazione dei suini è importante tener conto delle fasi di crescita, per ogni fase diverso deve essere l’apporto delle sostanze nutritive della razione.
Nella prima fase dopo lo svezzamento è consigliabile somministrare orzo, trattato termicamente per aumentare la digeribilità, essendo alimento non troppo energetico e ricco di fibra, abbondanti devono essere le proteine, non deve mancare la lisina(amminoacido essenziale e limitante), né oli e grassi per assicurare il giusto grado   energetico.
Nella seconda fase, magronaggio,  è bene somministrare cereali crudi, aggiungere alla razione la farina di estrazione di soia fonte di energia ma soprattutto di proteine e limitare nel contempo i mangimi ricchi di fibra.
Nella fase di ingrasso la razione deve contenere almeno il 60–70% di concentrati, ridurre l’apporto di proteine e della fibra. Si sa che è più difficile ingrassare che dimagrire essendo il tessuto muscolare ricco di acqua occorrono relativamente poche  energie per incrementare di peso, formato il tessuto muscolare per la formazione del grasso di copertura e intramuscolare, essendo poverissimo di acqua, l’animale richiede un apporto energetico quadruplo. I nutrizionisti hanno sperimentato che se per incrementare di 1 grammo di muscolo occorre 1 per lo stesso incremento in grasso si spende 4, perciò la relazione nutritiva deve essere larga cioè ricca di sostanze energetiche e meno sostanze plastiche.
La tecnica di distribuzione degli alimenti deve essere diversa a seconda del tipo genetico, infatti sarà ad libitum per suinetti in accrescimento, razionata nella fase di ingrasso per i suini da salumificio. Per la macellazione  il suino deve essere pronto alla 18a settimana di vita quando ha raggiunto un peso di 100–110 kg. Nella preparazione delle miscele occorre tener conto che la digeribilità deve essere dell’80%, le proteine digeribili almeno 100 gr, i sali minerali, espressi in calcio e fosforo, rispettivamente 16 gr e 12 gr
Allevamento dei soggetti da rimontaLa tecnica di allevamento dei soggetti da rimonta (scrofette  e verretti) è alquanto diversa dai suini da consumo, infatti per queste categorie di animali l’accortezza dell’allevatore è di evitare l’ingrassamento precoce ma di favorire uno sviluppo armonico dei capi; la tecnica prevede uno svezzamento tardivo a 60–90 giorni, l’alimentazione a base di miscele di concentrati come i magroncelli fino ad un peso di 50–60  kg, distribuitaad libitum, successivamente la razione deve essere bilanciata,  stimolando l’apparato digerente, tanto da avere uno sviluppo scheletrico e muscolare omogeneo, assicurando il giusto spazio per il movimento, limitando molto la formazione del grasso di copertura, favorendo la pubertà.
Buona norma è far accoppiare la scrofetta al secondo calore, quando ha raggiunto un peso di circa 110–120 kg, oppure, se la scrofetta è  sottopeso  ricorrere al flushingsomministrando cioè, due settimane prima dell’inseminazione e  due settimane dopo l’inseminazione, razioni ricche di concentrati, almeno  2–2,5  kg al giorno, che contenga il 16−18% di PD e  200–300 gr al dì di farina di pesce, orzo, grano e lievito di birra. Se la scrofa rimane gravida bisogna fare attenzione a non farla ingrassare troppo perché si  può avere  nel primo mese di gravidanza l’assorbimento degli embrioni e dopo il parto la comparsa  di mastiti.  
Durante la gravidanza la scrofa va alimentata con circa 2–2,5 kg di mangime al giorno, portando la razione nell’ultimo periodo di gestazione  fino a 3 kg al dì, con aggiunta di crusca di frumento per aumentare la fibra indi la sostanza secca, indispensabile che la razione contenga 11–13 gr di lisina. Dopo il parto la razione  va gradualmente aumentata di  almeno 0,5 kg al dì per ogni suinetto, considerando comunque una razione di mantenimento di 1,5 kg al dì.
Fabbisogni alimentari e modalità di distribuzione della razione
Nell’alimentazione dei suini  la razione alimentare si calcola sul quantitativo espresso inSND (sostanze nutritive digeribili), queste sostanze rappresentano la somma delle percentuali riguardanti le proteine, estrattivi inazotati, fibra grezza, grassi x 2,25, tutti digeribili; un kg di SND equivale a 4.100 kcal di energia metabolizzabile. Per i suinetti l’alimentazione è a base di mangimi concentrati razioni ricche di vitamine e amminoacidi essenziali, quantità da somministrare è di circa 1 kg al giorno per capi di 20 kg di PV. Si usano miscele prestarterstarter e di ingrasso, queste possono essere umide, come nelle stalle in prossimità di caseifici ove si utilizza siero, latticello, oppure asciuttesoprattutto nella prima fase della vita del suino fino al raggiungimento di 50 kg di peso vivo, tecnica questa impiegata per l’ottenimento del suino magro da macelleria. Il siero è il residuo della cagliata, mediamente il valore nutritivo di quello vaccino è il seguente: 0,2-1%  grasso, 0,4-0,9%  proteine, 5,5–6%  lattosio, 0,5% sali minerali, rappresenta per i suini un ottimo alimento, va somministrato dopo lo svezzamento quando i suinetti hanno raggiunto un peso di 30–40 kg nella dose giornaliera di circa 4–6 litri/capo/giorno, al pv di 120–130 kg il quantitativo di siero al dì per capo può essere anche di 12–14 litri. Il siero è povero di sostanza secca, la cui % oscilla dal 5,5 al 6,5%, come valore nutritivo occorre considerare che 15 litri di siero corrisponde al valore nutritivo di un kg di mangime. Essendo il siero ricco di lattosio è indispensabile per la nutrizione della flora microbica dell’intestino crasso, l’alimento, infatti, comporta un aumento di acido propionico e, soprattutto, butirrico, acidi grassi volatili essenziali per la formazione del grasso di copertura indispensabile per gli insaccati. Il regime può essere razionato o ad libitum, l’importante e che la razione contenga 3.500 kcal per suinetti da ingrasso e 2.900 kcal per suini in fase di finissaggio pronti per il macello. Gli alimenti per suini sono: orzo, avena, frumento, cruschello di frumento, crusca, farina di pesce, farina di estrazione di soia, minerali, vitamine e amminoacidi. Orientativamente la razione deve tener conto dei quantitativi in base al PV come riportato nella tabella:
 kg PV
 PD g
 SND g
 18-40
 180-240
 800-1200
 40-60
 240-270
 1200-1600
 80-100
 300-320
 1200-2200

 Denominazione dei suini alle varie età
 Lattonzolo nascita - svezzamento
 Lattone svezzamento a 25–35 kg
 Verretto maschio: fase di lattone fino alla pubertà e al primo salto
 Verro maschio adulto in riproduzione
 Scrofetta femmina: fase di lattone fino alla pubertà e al primo salto
 Scrofa femmina  dopo il primo parto
 Magroncello dai 50–60 kg ai 90–100  per la produzione del suino pesante
 Maiale magro macello al peso di 100–110 kg
 Maiale pesante macello al peso di 150–185 kg

LA MUNGITURA

La mungitura è la pratica di stimolazione delle ghiandole mammarie della femmina delle specie appartenenti alla classe dei mammiferi, atta a prolungare la produzione di latte negli animali anche dopo lo svezzamento del piccolo. In particolare, tale metodo viene applicato su animali, come le mucche, le capre, le pecore e le asine, per ricavare latte, utile non solo per essere bevuto, ma anche per la fabbricazione di formaggi.
La mungitura puo essere fatta   meccanicamente ho manualmente:
quella meccanica viene invece progettata per l'estrazione del latte sfruttando il vuoto d'aria. Gli aspiratori della macchina vengono applicati sui capezzoli, dopodiché, alternando il vuoto alla normale pressione dell'aria, raccolgono il latte senza danneggiare le mammelle.
La mungitura meccanica avviene applicando alternativamente una forza negativa (vuoto d'aria relativo) allo sfintere dei capezzoli delle mammelle. Ai capezzoli viene applicato il prendi capezzolo (composto da guaina,camera di pulsazione, porta guaina) collegato tramite un sistema di condutture e tubi in gomma al pulsatore ad una pompa del vuoto che permettono la chiusura e apertura della guaina per alternare la fase di estrazione latte ad una fase di massaggio del capezzolo. Il latte estratto, tramite tubi in gomma alimentare o silicone, viene convogliato in un recipiente denominato collettore,successivamente,sempre con il vuoto, viene trasferito nel recipiente di raccolta, dove sarà possibile portarlo a pressione atmosferica e quella manuale viene realizzata in questo modo: le mani abbracciano completamente la mammella (questo tipo di mungitura riguarda soprattutto gli ovini ma il procedimento è simile anche per i bovini e così via) e gradatamente dall'alto verso il basso, a partire dal mignolo, le dita e il palmo della mano, effettuano una pressione regolare, al fine di convogliare il latte verso i capezzoli. Con un'ultima pressione del pollice e dell'indice, il latte esce e va dentro un contenitore. Naturalmente l'operazione appena descritta avviene in meno di un secondo.

sabato 26 maggio 2012

LA PIEMONTESE

Origine e zona di diffusione

Circa 30.000 anni fa lo zebù pakistano è arrivato fino all'attuale Piemonte dove, trovando una barriera naturale formata dall'arco alpino, si è insediato integrandosi con la popolazione bovina preesistente, adattandosi all'ambiente e determinando, nel tempo, la formazione dell'attuale razza Piemontese. E' diffusa in quasi tutto il Piemonte, ma le principali zone di allevamento sono le province di Asti, Cuneo e Torino. L'Associazione Nazionale degli Allevatori della Razza Piemontese (A.Na.Bo.Ra.Pi.) è stata costituita nel 1960 con il compito di effettuare attività di miglioramento genetico e sviluppo della razza. Tale attività si concretizza nella definizione degli obiettivi di selezione, nella gestione del Libro Genealogico, del Centro Genetico per la Prova di Performance, delle Prove di Progenie e del Centro Tori dove viene prodotto il seme dei tori abilitati alla Inseminazione Artificiale. E' la razza da carne più rappresentata in Italia. Razza molto docile


Caratteristiche morfologiche

Animali di taglia media. Ha mantello fromentino chiaro, talvolta sfumato verso il bianco. Nei tori vi sono zone di grigio nel collo, nelle spalle, nelle cosce.
Musello, lingua, palato, aperture naturali, ecc. sono neri. Testa quadrata con corna medie, dirette in avanti e di lato; collo corto e muscoloso, con giogaia ben sviluppata. Tronco cilindrico, spesso insellato; arti lunghi.
Le corna sono nere fino verso i 20 mesi di età; negli adulti giallastre alla base e nere all'apice.
I vitelli alla nascita hanno mantello di colore fromentino carico.

Caratteristiche produttive

Carne con prevalente produzione di carne e con una discreta produzione di latte. Carne di ottima qualità.
La produzione prevalente è il vitellone:
- macellati mediamente a 15-18 mesi di età
- PV macellazione di 500-600 kg
- ottime rese alla macellazione
Associazione Nazionale Allevatori Bovini di Razza Piemontese



Vacca di razza Piemontese




sabato 24 dicembre 2011


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la bruna alpina


La Bruna, in passato denominata Bruna Alpina, è una razza bovina originaria della Svizzera, derivata dal Bos taurus brachycerus.
Le particolari doti di rusticità, affiancate ad una spiccata attitudine lattifera ne hanno favorito la diffusione in molte regioni dell'Europa e dell'America e la differenziazione di ceppi genetici adattati a specifiche condizioni ambientali. In Italia, l'introduzione della Bruna Alpina ha avuto inizio attorno al 1850 interessando il versante sud dell'arco alpino. In seguito si è diffusa sempre più nella Pianura Padana e, con il progredire dello sviluppo dell'agricoltura nell'Italia centro-meridionale, in tutta la penisola e nelle isole. Spesso è stata impiegata in incroci di sostituzione con razze autoctone.
Dopo il 1940, grazie soprattutto all'impiego massivo della fecondazione artificiale, la Bruna Alpina ha subito l'insanguamento con il ceppostatunitense Brown Swiss, che rispetto ai ceppi europei presentava una mole maggiore e una maggiore attitudine lattifera. I programmi di selezione hanno drasticamente modificato le caratteristiche di questa razza, rispetto al tipo alpino, perciò si è sostituita l'attuale denominazione, "Bruna", a quella di "Bruna Alpina" con cui era conosciuta fino al 1981. Nel 1950 contava ben 1.900.000 capi ed era la razza da latte più diffusa in Italia. Oggi il patrimonio complessivo si è praticamente dimezzato e un quarto della popolazione iscritto a libro genealogico (A.NA.R.B.).
La Bruna è una razza da latte a tutti gli effetti, con una produzione di latte che, nei tipi di buona genealogia, si attesta sui 6000-9000 kg per lattazione, in media con tenore in proteine del 3,39% e in grasso del 3,95%. Rispetto alla Frisona ha una minore attitudine lattifera ma presenta una maggiore rusticità e, quindi, una migliore capacità di adattamento. Migliore è anche l'attitudine alla produzione della carne, ma con uno standard inferiore rispetto alle razze da carne o a duplice attitudine.

la frisona


Origine e zona di diffusione

L'area di origine è la Pianura Padana. La Frisona Italiana è derivata da quelle Olandese e Nord Americana. Le prime importazioni risalgono al 1870.
L'allevamento della Bonifica di Torre in Pietra (Roma), di proprietà del conte N. Carandini, nel 1929 acquista ad un'asta della Carnation Milk Farm di Seattle (USA) il toro Carnation Producer che si dimostra un vero "razzatore" divenendo un capostipite dell'attuale Frisona Italiana, peraltro rinsanguata, nel tempo, con altri riproduttori d'élite di origine americana e canadese. Dal 1950 la Frisona sostituisce sempre più la Bruna specialmente in pianura. Dal 1956 la razza ha una sua fisionomia e viene istituito un unico libro genealogico nazionale (Frisona Italiana). La zona di maggior diffusione è il Nord Italia, in particolare Lombardia ed Emilia-Romagna.
Il colore del mantello è pezzato nero ma anche le pezzate rosse si possono iscrivere al LG. Le corna sono corte. L'aspetto generale è armonico e vi è un buon equilibrio dei caratteri lattiferi.
Il 23 luglio 1957 viene costituita l'Associazione Nazionale di Allevatori di Bovini di Razza Frisona Italiana (A.N.A.F.I.).

Morfologia vacche Frisone Italiane

Mantello: pezzato nero o pezzato rosso.
Statura: alta.
Testa: espressiva, proporzionata, distinta e vigorosa, profilo superiore rettilineo; occhi vivaci, orecchie molto mobili, narici larghe e musello ampio e forti mascelle.
Anteriore armonico collo allungato, sottile e ricco di pliche cutanee; garrese ben serrato, pronunciato e affilato; spalle fuse con il collo; petto forte e ampio.
Arti anteriori in appiombo e ben distanziati.
Piedi forti e con alta suola.
Linea dorsale rettilinea con lombi larghi e forti.
Groppa lunga e livellata; coda piuttosto sottile.
Arti posteriori in appiombo, forti e asciutti; piedi forti, ben serrati con suola alta.
Natiche con profilo rettilineo; garretti larghi e piatti.
Mammella saldamente attaccata, vene addominali prominenti e tortuose, vene mammarie molto ramificate non troppo grosse e ramificate, tessuto spugnose ed elastico.
Legamento sospensorio mediano forte che divide nettamente la mammella in due parti uguali.
Capezzoli perpendicolari, di giuste dimensioni, inseriti al centro di ciascun quarto.
Peso femmina adulta 550 - 900 kg
Altezza femmina adulta 130 - 150 cm
Vacca di razza Frisona Italiana Vacca di razza Frisona Italiana

Morfologia tori Frisoni Italiani

Le caratteristiche morfologiche sono uguali per quanto riguarda il mantello, ecc., con ovvio riguardo alla mascolinità che si riflette in una maggior mole ed in una maggiore potenza di ogni singola parte.
Peso maschio adulto 900 - 1300 kg
Altezza maschio adulto 138 - 155 cm
La valutazione morfologica viene espressa per tutte le femmine che abbiano partorito e per i maschi di oltre 18 mesi.
Lunghezza media gravidanza: 287 giorni
Vitello: peso variabile dai 40 kg fino a oltre 50 nei maschi.
Produzione media delle iscritte (1994): 75 q.li di latte. Poco propensa alla produzione di carne.
Sito Web: www.anafi.it
Toro di razza Frisona ItalianaToro di razza Frisona Italiana
La Frisona pezzata rossa è una varietà di mantello della razza Frisona italiana e di molti altri ceppi di Frisona.
Frisona con mantello pezzato rosso
Frisona con mantello pezzato rosso

sabato 3 settembre 2011